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E già il Maestro mio mi richiamava :
Perch' io pregai lo spirito più avaccio (25)
Che mi dicesse chi con lui si stava.
Dissemi: Qui con più di mille giaccio:
Qua entro è lo secondo Federico,
E il Cardinale, e degli altri mi taccio.
Indi s'ascose: ed io in ver l'antico
Poeta volsi i passi, ripensando

A quel parlar che mi parea nemico. (26)
Egli si mosse: e poi così andando,

Mi disse: Perchè sei tu sì smarrito ?
Ed io li soddisfeci al suo dimando.
La mente tua conservi quel ch'udito
Hai contra te, mi comandò quel saggio,
Ed ora attendi qui: e drizzò il dito.
Quando sarai dinanzi al dolce raggio

Di quella il cui bell'occhio tutto vede (27),
Da lei saprai di tua vita il viaggio.
Appresso volse a man sinistra il piede:
Lasciammo il muro, e gimmo in ver lo mezzo
Per un sentier ch' ad una valle fiede (28),
Che in fin lassù facea spiacer suo lezzo.

NOTE

(1) O virtù somma ec. Intende di Virgilio. Che credono morir l'anima insiem col corpo. (3) Co' tuoi avvertimenti.

(Parlando onestamente, con riverenza.

(5) Disprezzo.

(6) Manifeste, chiare.

(7) Suso, in su. Esprime l'atto di chi riflette per ricordarsi d'alcuna cosa.

(8) A' miei primi. A'miei antenati. A mia parte. Álla mia fazione.

(9) La prima volta, quando l' Imperatore Arrigo suscitò tumulti in Firenze: la seconda per la battaglia di Monte Aperto.

(10) Allora là dov'era sospeso il coperchio dell'avello sorse infino al mento un'ombra accanto a quella di Farinata.

(11) Perch' ei preferì lo studio de'Filosofi a quello de' poeti.

(12) Così precisa.

(13) Fiere, ferisce. Lome per lume. (14) Non comparve fuora.

(15) A riguardo del quale.

(16) Che qui impera. La Luna che col nome di Proserpina si finge regina dell' Inferno.

(17) E se tu possa, quando che sia, reggere, durare, resistere nel dolce mondo ec.

(18) Perchè i Fiorentini se concedono qualche grazia a quei di parte Guelfa, n'escludono sempre la mia famiglia ?

(19) Tale orazion. Tali leggi. Nel nostro tempio. Nella nostra Curia.

(20) Non fui io solo nè senza motivo alla battaglia di Monte Aperto: ma ben fui solo quando m' opposi al consiglio dei Ghibellini, che, riunitisi a Empoli dopo quella vittoria, proposero di spianar

Firenze.

(21) Veggiate dinanzi ec. Preveggiate il futuro. E nel presente ec. E non vedete il presente. (22) Di tanto lume ancora ne fa Iddio grazia. (23) E s'altri non ce ne reca nuova.

(24) Perchè io era nell' errore che m'avete sciolto cioé, perch' io mi credeva che foste consapevoli delle cose presenti.

(25) Pregai più sollecitamente lo spirito. (26) Perche predicevami danno.

(27) Di Beatrice che tutto vede in Dio. (28) Che sbocca in una valle.

CANTO XI.

Giunge

ARGOMENTO

Tiunge il poeta sull' estremità d'un alta rip sovrastante al settimo cerchio, ove, offeso molto dall puzza che n'usciva, ristà per alcun poco, e ved la sepoltura di Papa Anastasio. Quivi gli manifesta Virgilio di quali scelleratezze siano rei que' pecca tori che giacciono ne' seguenti tre cerchi che a ve der gli rimangono, sicchè vi scenda istruito e di sposto. Nel primo adunque sono i violenti: e come può farsi violenza a Dio, al prossimo, e a sè stes si, così questo medesimo cerchio in tre gironi distinguesi. Superiormente han luogo quei disgraziat che ingiuriano i loro simili; nel mezzo coloro ch furono crudeli contro le proprie persone; nel fond quanti mai se la preser con Dio. Finalmente il se condo cerchio è pieno di frodolenti, l'ultimo d traditori. Chiede pur Dante perchè non siano pu niti dentro la città di Dite i lussuriosi, i golosi gli avari, i prodighi, gl'iracondi, e come l'usu offenda Dio; alle quali questioni distintamente buon duca risponde. Quindi ambedue s' incan minano verso la parte, onde al detto settimo ce chio è aperta la scesa.

CANTO XI.

In su l'estremità d'un'alta ripa,

Che facevan gran pietre rotte in cerchio, Venimmo sopra più crudele stipa: (1) E quivi per l'orribile soperchio (2)

Del puzzo, che 'l profondo abisso gitta, Ci raccostammo dietro ad un coperchio D'un grande avello, ov' io vidi una scritta Che diceva: Anastasio papa guardo (3), Lo qual trasse Fotin della via dritta. Lo nostro scender conviene esser tardo, Sì che s'ausi in prima un poco il senso (4) Al tristo fiato, e poi non fia riguardo : Cosi' Maestro. Ed io: Alcun compenso, Dissi lui, trova, che 'l tempo non passi Perduto. Ed egli: Vedi che a ciò penso. Figliol mio, dentro da cotesti sassi, Cominciò poi a dir, son tre cerchietti Di grado in grado, come quei che lassi. Tutti son pien di spirti maledetti:

Ma perchè poi ti basti pur la vista (5), Intendi come e perchè son costretti. D'ogni malizia, ch'odio in cielo acquista (6), Ingiuria è il fine, ed ogni fin cotale

O con forza o con frode altrui contrista (7)

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