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UNA LETTERA

DEL PROF. FRANCESCO FIORENTINO
AL PROF. BERTRANDO SPAVENTA

Caro Bertrando,

Vorrei pure ricordare spesso quella ventina di giorni passati assieme tra il maggio e 'l giugno ultimo ! Qual cumolo di felici rimembranze! La visita a Camillo, aver riveduta Bologna, veduta Padova e Venezia, raccontatici tutt'i casi avvenuti da che il rivederci non è così frequente, com' era, quando io e tu c'incontravamo nei corridoi di Montecitorio; tutto que sto vorrei averlo avanti alla mente, e rivivere di quella vita. La lettera che ti scrivo ora, e qualche altra che ti scriverò forse dopo di questa, mirano a suscitare nell'animo tuo le stesse memorie; e perchè il carteggio possa attirare l'attenzione di qualche lettore del Giornale Napoletano, ti comunicherò come spesi i ritagli di tempo, brevi come sai, che io sottrassi alla tua compagnia.

A Padova non c' ero mai stato; quando scrissi quel libretto sul Pomponazzi non ci avevo neppure relazioni; ebbi quindi quelle notizie sole che in via ufficiale mi fu possibile procacciarmi. Andatoci ora di persona in tua compagnia, volli tentare qualche ricerca tempo non ce ne avanzava, e lo sai tu Presidente instancabile ed inesorabile; poco adunque potei frugare, ma non lieve fu per me il frutto, paragonato alle brevissime ricerche.

Risaputo dall' amico Rossetti che a Padova c'era ancora la famiglia Dondi Dall'Orologio, a cui apparteneva una delle tre mogli del Pomponazzi, e che in questa famiglia si conservava un archivio domestico, subito mi balenò l'idea che qualche documento ci si potesse trovare, da fare al caso mio. Il Marchese Dondi, cortesissimo, mi mostrò l' archivio, l'albero genealogico, ed ecco le notizie che vi appresi.

La famiglia Dondi, antichissima, ebbe per capo stipite un Isaac: nel 1428 s'era divisa in tre rami, Gabriele, Giovanni Galeazzo e Giacomo. La Cornelia Dondi, che fu moglie del nostro Peretto, nasceva da quest' ultimo. Ella era figlia di Alvise, o Luigi Dondi, figliuolo di Giacomo, e di una Nida Lugarini: era figlia primogenita, ed ebbe a fratello un Francesco.

La famiglia Dondi prima che si tripartisse aveva unito al suo cognome originario di Dondi il soprannome dall'Orologio, perchè Giovanni, padre de' tre sovraccennati, dottore in matematica, aveva costruito in principio del secolo decimoquinto un ingegnosissimo orologio. Sua moglie era Catarina da Tergola.

La Cornelia Dondi dall'Orologio era la sola moglie del Pomponazzi, di cui si avesse notizia, quando io ne scrissi la vita. Sperone Speroni gliene attribuiva tre, ed aveva ragione: quali fossero state non diceva, nè alcun biografo n'era meglio informato. Feci delle congetture, che ora vedo insussistenti, e colmo la involontaria lacuna con queste altre notizie.

Il Pomponazzi s'era sposato con la Dondi il 14 dicembre 1500, e n'era rimasto vedovo il marzo del 1509. Il giugno del 1511 Galeazzo e Margarita Dondi, eredi del Dottor Giovanni Antonio dall'Orologio, si dichiarano debitori di tre annate di affitto, in sessantasei ducati d'oro, a favore del Pomponazzi: il podere avuto in affitto era di quarantacinque campi circa, in una contrada detta Maserà, ed era stato portato in dote al Pomponazzi da Ludovica, figliuola del nobil uomo Pietro di Montagnana. In pagamento dell'affitto la signora Cassandra Dondi, zia paterna di Galeazzo e di Margarita, che assisteva come tutrice i nipoti pupilli in questo contratto, assegnò al Pomponazzi cin

que campi di terra aratoria, piantata a viti ed altri alberi e per campi s'intende una certa misura di terreno.

Il Pomponazzi nello stesso contratto cedette a livello il ter reno avuto in pagamento; livello da rinnovarsi ogni 29 anni, e da durare per cento anni; per l'annuo canone di quattro ducati, pagabili metà la festa di Santa Giustina, metà la pasqua: col dritto di francarsi dal livello, restituendo il capitale dei 66 ducati.

Il notaio Alessandro Filippino del fu Antonio, da Padova, stipulò l'anzidetto contratto.

Ed ecco il contenuto di questo primo documento, da cui risulta che il Pomponazzi subito dopo morta la Cornelia Dondi aveva dovuto sposare la Ludovica Montagnana. Anzi c'è da notare che o le tre annate furono computate con l'includervi l'annata in corso, o la morte della Cornelia Dondi si deve riportare al 1508.

Le annate del livello furono riscosse il 9 settembre 1512 personalmente dal Pomponazzi: il 1516 da Gaspare Contarini il 1517 da un altro Contarini, a nome Marco Antonio: negli anni successivi da varie altre persone fino al 1526, in cui figura un Nicola Pomponaccio, e così in processo di tempo fino al 1537, quando un altro documento ci fa sapere la terza moglie del Pomponazzi, la quale gli sovravvisse.

Ho voluto notare particolarmente la riscossione di Gaspare Contarini, e di un altro della stessa famiglia, fatta da parte del Pomponazzi, per mostrare in quale intrinsichezza fossero il Peretto ed il futuro Cardinale gli anni che più fervevano le polemiche per il libretto su l'immortalità dell' anima.

Il 1° marzo 1537 Giulio dalla Scrofa, procuratore di sua zia Adriana dalla Scrofa, rilascia quietanza ai Dondi di tutte le annate di livello ricevute dal 1511 in poi. Questo contratto rogato dal notaio Antonio Betino ci fa sapere dunque che l' ultima moglie del Pomponazzi fu un'Adriana dalla Scrofa, o dalla Scrova, da Vicenza.

Queste notizie, come vedi, non lasciano dubbio alcuno; ma

avrebbero poco valore, se non si trattasse di particolari che toccano la vita di un uomo come il Peretto.

Più importante è il riscontro, che potei fare all'Archivio dei Frari a Venezia, del manoscritto originale del processo del Bruno pubblicato dal Berti. Tu sai, e ne fosti scosso tu pure, quale fu il senso di rincrescimento provato da tutti a sentire che il Bruno, Giordano Bruno s'era disdetto. Noi che avevamo ammirato la sua intrepida costanza innanzi al rogo, che lo avevamo visto indomito in otto anni di prigionia e di torture, ci sentimmo stringere il cuore a quella inaspettata rivelazione. Capisco che la critica storica non ha scrupoli, nè deve averne nel distruggere i nostri ideali: se ce li siamo fabbricati leggermente, colpa la nostra; ci siamo già meritato il dispiacere del disinganno. Ma se la critica procede leggermente essa stessa, è naturale che noi ci ribelliamo alle sue conclusioni. Non ti nascondo dunque che con questa spina nel cuore, col lungo desiderio di cavarmela, andai nell'Archivio: ci venisti pure tu, e vedemmo insieme il fascicolo di quella tragedia, che s' iniziò col brutto prologo di una denunzia. La denunzia è ancora li autografa, macchia indelebile su l'onorato cognome dei Mocenigo. Tu poi andasti a visitare le Procuratie, io rimasi lì a sfogliare, ed a studiare quelle pagine luttuose, tutt' occhi come un uomo geloso. Presi però tutte le precauzioni per non travedere, ed ecco il risultato dei miei riscontri pazienti e minuti.

Anzi tutto, nessun interrogatorio portava la firma del Bruno cosa molto degna di attenzione ed il processo che avevo sott'occhio doveva essere stato l'originale, si perchè vi sono testualmente la denunzia ed anzi le denunzie del Mocenigo, e la deposizione scritta di fra Domenico da Nocera; sì per le non poche cancellature e variazioni che vi s'incontrano.

Quali sono queste cancellature, e di qual natura? Inducono esse qualche sospetto su la piena credibilità di questi documenti? Perchè il Berti non ha posto su l'avviso i lettori intorno alla loro esistenza? Per me esse porgono il solo filo che ci GIORN.NAPOL.Vol.I.-Luglio 1879 (Nuova Serie).

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può guidare in questa ricerca: esponghiamo perciò fedelmente quali sono e dove si trovano, citando, per comodo de' lettori, le pagine dalla pubblicazione fattane dal Berti stesso.

A pag. 334 s'era scritto, nella deposizione di Giambattista Ciotto, un libro dato fuori da detto Jordano intitolato: li heroici furori: poi s'è cancellato, e sostituito: De minimo, magno, et men

sura ».

A pag. 339 s'era scritto: « aetatis et aspectu annorum triginta: e s'è cancellato, e corretto: quadraginta ».

A pag. 341, dove dice: « mia madre Fraulissa Savolina, parmi che dica invece: Francisca Saulina ».

Qui veramente non si tratterebbe di correzione, ma l'avverto, perchè il nome di Fraulissa è abbastanza strano, ed insolito, ed il ms. potrebbe leggersi bene, come leggo io.

A pag. 346, dove è stampato : « a legger una lettione straordinaria, il ms. ha: a legger privatamente; ed il privatamente fu poi cancellato. Ci sono pure altre parole cancellate, avvertite nella edizione del Berti, e sono queste ma occorrendo in certe dispute, che diedi fuori, e proposi conclusioni ».

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A pag. 347: « feci prima recapito a Mez, alias Magonza ». L'alias Magonza è notato al margine.

A pag. 347: « andai a Vittimberg in Sassonia ». L'aggiunta in Sassonia è notata a margine.

A pag. 348: « occorrendo in questo tempo la morte del Duca (margine: quale era heretico) ».

È la sola volta che nella pubblicazione del Berti si fa rilevare che l'aggiunta è segnata in margine. Egli però non vede, o almeno non fa avvertire l'importanza di questa aggiun ta. L'osservazione, che il Duca di Brunswich lodato dal Bruno fosse un principe eretico, non poteva essere stata fatta dal Bruno stesso se fosse stata fatta da lui, non era necessario aggiungerla in margine e non è credibile che l'abbia fatta aggiungere dopo: l' interrogatorio, che abbiamo, è dunque stato modificato da altri. Vedremo casi simili appresso.

A pag. 349: « E un altro che lui ancora era uscito dalla Religione, ma poco fa ha pigliato l'habito che è da Atripalda che io non so

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