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Che fe'l popol Roman più volte stracco

Il quale passo nell' edizione di Padova 1472, ed in quella di Venezia 1513. leggesi così:

E'l più nobile Fulvio; e sol un Gracco

Di quel gran nido garrulo e inquieto, Che fe'l popol Roman più volte stracco. Nell'edizione poi di Aldo 1501, la lezione è conforme alla comune. Delle tre edizioni adunque due sono concordi, ed una da quelle e discorde; e conforme a quest' una è la lezione comune, la quale secondo il mio proponimento io avrei seguitato se non avessi avuto una ragione potentissima per attenermi alla lezione delle due ; e la ragione è stata questa, che leggendosi Catulo inquieto, niuno de'comentatori ha saputo trarne un chiaro e piano senso, anzi fù per loro un passo così intralciato, che alcuni per trarnelo, fecero forza, come dicesi, al costrutto; e per contrario, leggendosi garrulo e inquieto, il senso è del tutto chiaro, naturale, e può dirsi il proprio suo di quel passo, ciò che i dotti lettori riconosceranno ben facilmente. E qui posso anche aggiungere, che il Tassoni attesta di aver letto in un manoscritto originale del Poeta garrulo e inquieto; (V. Tassoni, Consid. sopra le rime del Petr. Modena, 1609, fac. 533) che il Muratori assicura, che ambidue i famosi codici Estensi leggono, garrulo e inquieto; (V. Petrarca colle Osserv. del Muratori, Modena 1711, fac. 814. ) che in alcu

ni codici antichissimi da me veduti nella biblioteca di questo Seminario, e spezialmente in un preziosissimo frammento de' Trionfi scritto con caratteri, che mostrano essere dell' età del Petrarca, frammento posseduto dal sig. March. Paolino Gianfilippi di Verona, personaggio ben noto e per la doviziosa sua biblioteca, e pel suo grande amore alle lettere vide la stessa conforme lezione, garrulo e inquieto, che nella edizione del Canzoniere pubblicata per cura di Fausto da Longiano in Venezia nel 1532, nella quale, come ho detto ancora, il testo fu ricopiato da un manoscritto vivente il Poeta, leggesi garrulo e inquieto; tutto ciò, io diceva, posso quì aggiungere, perciocchè questi codici, ed edizioni acquistano nel giudicio mio fede e pregio solamente perchè la loro lezione in quel passo è conforme a quella di due edizioni fatte secondo gli autografi. Del resto, se io costantemente seguitai la lezione comune, ancora che non concordasse che con una sola delle tre edizioni, spero che piacerà a' discreti lettori, che in quel passo io l'abbia abbandonata, benchè delle tre una pur manchi a confermarne la lezione, che ho introdotta ; la quale lezione però il Pagello nella pregiata sua edizione del Canzoniere 1754. (V. a suo luogo nel Vol. II. di questa edizione) introdusse francamente senza allegar autorità alcuna, e solo dicendo che legger Catulo inquieto è male. Oltre a ciò in due luoghi, ne' quali non mi

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potei chiarire al tutto della lezione certa delle tre edizioni, m' è parso di non dovermi appigliare alla lezione comune ma render anzi di quelle tre, secondo il parer mio, chiara e certa la lezione; il qual parere di buon grado rimetto nel giudizio de' lettori. Di questi due luoghi il primo è nel sesto verso del Madrigale I, (Vol. I. ) dove la lezione comune è così:

mio

Ch'a Laura il vago e biondo capel chiuda ; e nella presente edizione è:

Ch' a l'aura il vago e biondo capel chiuda; ed il secondo è nel 1.° verso del Sonetto CLXXXVIII, (Vol. I.) che secondo la lezione comune è impresso così:

L'aura, che 'l verde lauro e l' aureo crine; ed in questa edizione leggesi così:

Laura, che'l verde lauro e l'aureo crine . Già ben sanno i lettori, che a que' tempi non aveavi l'uso di apostrofare, e che quindi egualmente e scrivevasi e stampavasi, com'è in fatti in tutte le prime edizioni del Canzoniere, così laura per aere, come l'aura per Laura. Leggano dunque, considerino meditino, e nel giudizio loro, siccome in ogni altra cosa, io mi acqueterò tranquillamente. In terzo luogo, io non ho posta in questa edizione nè quella giunta solita delle rime, che si dicano scritte dal nostro Poeta, e da lui medesimo rifiutate, a fine di non aver il pentimento, ch'ebbe poi Aldo, il quale

per l'importunità di alcuni le pubblicò per la prima volta nella sua seconda edizione del Canzoniere l'anno 1514, e che successivamente furono ristampate fino a' giorni nostri in quasi tutte l'edizioni del Canzoniere medesimo. Reputo, che non sia per essere discaro a' lettori, ch' io riporti qui le parole stesse di Aldo, le quali anche confermeranno la presa mia deliberazione: Forse che il meglio era, delle cose di M. F. P. non vi dar altro ad leggere, che quelle, che esso ha giudicato degne, che escano in man de gl' huomini : però che mal ufficio pàr a me che faccia colui: il quale contra l' altrui volontà, fa veder quello, che egli desidera che stia nascosto. Compose ancho egli delle cose non così buone: ma fece quello, che ha sempre fatto, et far deve ogni prudente: venuto al buon giudicio scelse delle compositioni sue quelle, che pensò li devessero dar il nome; che poi ha conseguito: l'altre, che di se degne non li parveno, lasciò fuori. Quelle adunq; bastavano: et senza altrimenti produr in luce, quelle, che il proprio lor autore volse occoltare: qui si potea benissimo far fine: Et così harei fatto io: se non che le molte accusationi di molti mi hanno constretto ecc. (V. Petrar. Aldo, Venezia, 1514.) In quarto luogo, io trasportai il Sonetto.

La bella donna, che cotanto amavi

nella seconda parte del Canzoniere (Vol. II.) perchè

egli ben pare, nel principal suo concetto, essere stato dettato per la cagione medesima, ch'ebbe la nota Virgiliana, (Veg. la nota nelle dichiaraz. ed illustr. storico-critiche del fac simile, (Vol. I.) cioè per la morte di Laura; e non lo posi nella parte quarta, ch'è delle rime sopra vari argomenti, i quali non riguardano Laura, perchè è ben troppo chiaro, che riguarda Laura, e non altri, a chiunque voglia fare il confronto di questo Sonetto con i Sonetti CXXIII e CLXXXIV del V. I, e con i Sonetti XX, XXVII, XXIX. e XLII. ; e con le canzoni IV. e VI. ( Vol. II.) Tacer non posso, -- Quando il soave; Finalmente pensai di dividere il Canzoniere in quattro parti, siccome per mio avviso, ben ragionevolmente fu fatto in alcune delle antiche edizioni, riponendo cioè nell' ultima que' componimenti, che si veggono sparsi qua e là nella prima e nella seconda parte del Canzoniere, e non appartengono agli amori del Poeta verso di Laura. Le quali cose tutte io deliberai di fare, perchè tengo per fermo, ch' ei certamente vorrebbe fatte s'egli fosse con noi. Ora; poichè ho detto tutto ciò, che a' lettori io m' avea proposto di dire in questa prefazione, piacemi di conchiudere col renderli certi, che siccome il diletto indicibile ch' io provai, non meno nello studio intenso, ch' io feci sopra le rime di si eccellente Poeta, che nel considerare la gentilezza somcolla quale, separandosi egli quasi in certa

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