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vi fu chi sopra ciò mi movesse quistione. Lo stesso Cav. Cicognara inclina a crederlo tale, e riporterò qui le autorevoli sue parole, che leggiamo a fac. 412. del vol. 1. dell'opera di sopra lodata: Conservasi in Siena una tavola presso il Sig. Antonio Piccolomini Bellanti molto preziosa, che, per voto dei più, dicesi (e pare in effetto) dipinta da Simone Memmi. Questa rappresenta un ritratto di donna giovine nobilmente e riccamente vestita con gentil costume Pro venzale ecc. Dunque, abbiam trovato in Siena stessa un ritratto di giovine donna dipinto da Simone Memmi; e di donna, che quanto alla parte materiale della effigie, così del corpo, come del vestito, non solo non toglie ch'egli esser posma tutto anzi fa giudicare che sia il vero ritratto di Laura. La seconda ragione, che mi determinò a tale scelta, è quella di scorgere in questo ritratto dipinte così, come le ha descritte il Poeta, non solo le grazie, le dolcezze e le soavità di quella parte, ch'egli chiama corporeo velo, ma le soavità, le grazie e le dolcezze dello spirito, che sono quelle appunto di cui manca il ritratto della Laurenziana. Risovvenghiamoci, per esempio, il dolce sfavillar degli occhi suoi. Ognun sa che può esservi dolcezza somma nel guardo, senza che questo sfavilli, e puossi dolcemente riguardare sfavillando, senza che lo sfavillamento tolga punto alla dolcezza. Imperciocchè la dolcezza del guardo può essere tutta effetto della naturale configurazione dell'occhio, ma la dolcezza di un guardo, che sfavilla, dee necessariamente partecipare dello spirituale, in quanto che è l'anima che, secondo i vari stati della passione, dirige, modera, toglie od accresce la forza di quelle faville, le quali perciò se non fossero dipendenti, che dal solo effetto fisico, in proporzione della loro forza o scemerebbero in parte la dolcezza del guardo, o la toglierebbero del tutto. Ora, il nostro ritratto ha questo vantaggio sopra quello della Laurenziana, che, oltre alla fisica e naturale dolcezza

Tom. I.

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del guardo, tralucevi pure il guardo di accese faville sfavillante; faville, direi, dell'anima, per cui ebbro di una dolcezza ineffabile cantava il Poeta:

Questi son que' begli occhi, che mi stanno
Sempre nel cor con le faville accese;
Perch'io di lor parlando non mi stanco.

Ma ciò che, per mio avviso, maggiormente dimostra la verità della rassomiglianza di questo ritratto sopra tutti quelli, che si conoscon fin ora, è certamente quel prezioso niello posseduto dall'eruditissimo Sig. Marchese Malaspina di Pavia, già ricordato nella sua nota dal Cavalier Cicognara, e ch'io pur vidi con mio contento sonimo. Rappresenta una giovine donna, vestita alla maniera Provenzale, e col nome scritto all'intorno: Laura. E qui prego gli amatori dell'arte a voler riflettere col Cav. Cicognara alle seguenti cose; primieramente, che il lavoro di questo niello è tale, che gli occhi degl' intelligenti il riconoscono bene per antichissimo, o almeno antico tanto, quant' è antica l'arte stessa del niellare tra noi; secondo, che il leggervesi all' intorno il solo nome di Laura senza più, toglie ogni dubbio della persona, giacchè se tra noi medesimi, dopo quattro secoli quando diciamo Laura, intendiamo quella del Petrarca, molto più a que' tempi, in cui si fresca era la fama di una donna tanto celebrata da per tutto; in terzo luogo, che la Laura di questo niello rassomiglia moltissimo e ne' contorni del volto, e nell' attitudine della persona, e nella foggia del vestito più, che a qualunque altro ritratto creduto di Laura, al nostro di Siena. Convinto da tutte queste ragioni io non poteva più dubitar della scelta, se non operando contro coscienza; e quindi col mezzo dell'ottimo mio amico Sig. Giuseppe Molini di Firenze, cui molto debbo in ciò, supplicai il Cav: Antonio Piccolomini Bellanti, fortunato posseditore di quella imagine, che mi concedesse di farne

trar copia con disegno da essere inciso. Non solo e' condiscese a' miei desiderj, ma gentile oltre modo s' adoperò esso stesso nel farmelo eseguire dal Sig. Giovanni Formichi valente disegnatore Sanese; ed in verità riuscì bellissimo in ogni sua parte. Con questo, e coll'aiuto di un altro favoritomi dal Sig. Cavaliere, e lumeggiato cò naturali colori del quadro medesimo, il celebre Sig. Francesco Emmanuele Scotti Genovese dimorante in Milano, cui era già noto il dipinto, me ne fece una miniatura sopra pergamena, della cui bellezza, anzi perfezione di bellezza, io non saprei dire abbastanza; poichè quanti la videro, giudicaronla opera quasi miracolosa. Mandatasi dunque tale miniatura al chiarissimo Morghen, egli ne fece quell' intaglio, che ora si pubblica, del cui merito debbesi riputare inutile ogni parola. Dirò soltanto, che senza i buoni uffizi dell' egregio cavaliere e Senatore Fiorentino degli Alessandri, erami quasi impossibile di ottenere da quel grand' uomo tanta condiscendenza ai miei desiderj. Dopo di tutto ciò, io spero che sarà da ciascuno applaudita la scelta da me fatta, e che, dopo di averla cercata per tanto tempo, potrò io rivolgermi a Laura, e dirle col Poeta: Ella è pur questa

La desiata vostra forma vera.

E spero che vi avrà pur di quelli, che così meco conchiuderanno; e di più, che riguardando con fino occhio e sottile questo ritratto, si atterranno vie più fermamente alla sentenza, ch'essa non abbia mai avuto marito, poichè vi riconosceranno le forme vere di celibc, anzi di vergine donad un

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tal ch'ella appare simile, siami lecito così dire, intatto fiore in sul mattino, chiuso in orto secreto, e tocco soltanto dall' aure purissime del giorno nascente. La quale sentenza ben chiaramente si conferma vera da ciò, che in tutte le rime volgari del nostro Poeta, e nelle opere sue latine, ch'io tutte riandai, e quelle spezialmente, nelle

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quali parla della sua Laura, il che fa pur talvolta nelle lettere a' suoi amici con tutto il candor del suo animo, non ▼ ha indizio alcuno, nè pur minimo, per cui si possa dedurre ch'essa abbia avuto marito; anzi tutti gl'indizi dimostrano che avuto non l'abbia, e ch' ella in stato celibe sia vissuta è morta. Ed io mi meraviglio, anzi mi doglio, che alcuni, i quali meno il dovrebbero, e nol dovrebbero ancorchè così fosse la cosa, si studino per ogni via, quanto possono, di provare il contrario. (V. Costaing App. II. della biblioteca Petrarchesca).

DICHIARAZIONI

ED ILLUSTRAZIONI

STORICO-CRITICHE

DELLA VEDUTA DELLA SOLITUDINE

DI VALCHIUSA.

Alle pendici del monte Ventoso, nelle pianure del con

tado Venosino, bagnata in varj luoghi dalla Sorga, e lontana cinque leghe dalla città di Avignone, giace Valchiusa. Deliberai, dice il Vellutello, di rivedere un' altra volta questo luogo, dove il Petrarca compose una parte delle opere sue, e massime quelle ď amore per Madonna Laura. Questa valle nel vero è la più dilettevole e bella, e quivi sono le più piacevoli e chiare fontane, ch' io vedessi mai; di maniera che, se io non fossi stato accompagnato, e non avessi promesso a' miei amici fornire il viaggio d'Italia, io credo certamente ch' io sarei restato là per tutto il tempo di mia vita. Conciossiachè la piacevolezza del Colle, su la punta del quale siede ancora mezzo rovinata la casetta del Poeta, la solitudine " e quiete del sito, i chiusi boschetti d'ogni tempo verdi, l' asprezza diversa delle alte rocce, e il dolce mormorio delle purissime acque, mi rappresentavano naturalmente dinanzi agli occhi l'immaginato monte di Parnaso, e la fontana ricetto delle nove Muse, stimando felicissimo colui, che avesse potuto, o potesse del continuo abitare in si ameno e libero luogo, e sotto così benigno e pacifico cielo .

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