SONETTO CLXXXVIII. La morte di Laura sarà un danno pubblico, e brama perciò di morire prima di lei. Laura, che 'l verde Lauro, e l'aureo crine Fa con sue viste leggiadrette e nove Candida rosa nata in dure spine! Quando fia chi sua pari al mondo trove? Manda, prego, il mio in prima, che 'l suo fine; Si ch'io non veggia il gran pubblico danno, Nè gli occhi miei, che luce altra non hanno; Nè l'alma, che pensar d' altro non vole; SONETTO CLXXXIX. Perchè nessun dubiti d'un eccesso nelle sue lodi, invita tutti a vederla . Parrà forse ad alcun, che ʼn lodar quella, Ch'i' adoro in terra, errante sia 'l mio stile, A me par il contrario; e temo, ch'ella Si dirà ben: Quello, ove questi aspira, Lingua mortale al suo stato divino Giunger non pote: Amor la spinge, e tira SONETTO CXC. Chiunque l'avrà veduta dovrà confessare, che non si può mai lodarla abbastanza. Chi vuol veder quantunque può Natura, E E'l Ciel tra noi, venga a mirar costei, venga tosto; perchè Morte fura Vedrà, se arriva a tempo, ogni virtute, Allor dirà, che mie rime son mute, Ma se più tarda, avrà da pianger sempre. SONETTO CXCI. Pensando a quel dì, in cui lasciolla sì trista, Qual paura ho, quando mi torna a mente Quel giorno, ch'i' lasciai grave, e pensosa Madonna, e 'l mio cor seco! e non è cosa, Che si volentier pensi, e sì sovente . I' la riveggio starsi umilemente Tra belle donne, a guisa d' una rosa Deposta avea l'usata leggiadria, Le perle, e le ghirlande, e i panni allegri, Così in dubbio lasciai la vita mia: Or tristi augurj, e sogni, e pensier negri SONETTO CXCII. Laura gli apparisce in sonno, e gli toglie la speranza di rivederla. Solea lontana in sonno consolarme Con quella dolce angelica sua vista Che spesso nel suo volto veder par me Vera pietà con grave dolor mista; Ed udir cose, onde 'l cor fede acquista, Che di gioia, e di speme si disarme. Non ti sovven di quell'ultima sera, Dic' ella, ch'i' lasciai gli occhi tuoi molli, E sforzata dal tempo me ne'andai? I' non tel potei dir allor, nè volli; 1 |