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SONETTO XVI.

Tentò e ritentò più volte, ma indarno, di lodare
le bellezze della sua Donna.

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Vergognando talor, che ancor si taccia,

Donna , per me vostra bellezza in rima,
Ricorro al tempo, ch'i' vi vidi prima,

Tal che null' altra fia mai, che mi piaccia.

Ma trovo peso non dalle mie braccia,
Nè ovra da polir con la mia lima:
Però l'ingegno, che sua forza estima,
Nell'operazion tutto s'agghiaccia.

Più volte già per dir le labbra apersi
Poi rimase la voce in mezzo 'l petto.
Ma qual suon poria mai salir tant' alto?

Più volte incominciai di scriver versi:
Ma la
penna, e la mano, e l'intelletto
Rimaser vinti nel primier assalto.

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SONETTO XVII.

Dimostra che il suo cuore stà in pericolo
di morire, sè Laura nol soccorre .

Mille fiate, o dolce mia guerrera,

Per aver co' begli occhi vostri pace,
V'aggio profferto il cor: m'a voi non piace
Mirar si basso con la mente altera :

E se di lui fors' altra donna spera;
Vive in speranza debile e fallace:
Mio; perchè sdegno ciò, ch' a voi dispiace,
Esser non può giammai così, com'era .

Or s' io lo scaccio, ed e' non trova in voi
Nell' esilio infelice alcun soccorso,
Nè sa star sol, nè gire ov' altri 'l chiama ;

Poria smarrire il suo natural corso;
Che grave colpa fia d'ambeduo noi,
E tanto più di voi, quanto più v’ama.

L

SESTINA I.

Espone la miseria del suo stato. Ne accusa Laura.
La brama pietosa, e ne dispera.

A qualunque animale alberga in terra,

Se non se alquanti, c' hanno in odio il sole;
Tempo da travagliare è quanto è 'l giorno:
Ma poi ch' il ciel accende le sue stelle,
Qual torna a casa, e qual s' annida in selva
Per aver posa almeno infin all' alba.

Ed io, da che comincia la bell'Alba
A scuoter l'ombra intorno della terra
Svegliando gli animali in ogni selva,
Non ho mai triegua di sospir col sole.
Poi, quand' io veggio fiammeggiar le stelle,
Vo lagrimando e desiando il giorno.

Quando la sera scaccia il chiaro giorno,
E le tenebre nostre altrui fan alba;

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Che m'hanno fatto di sensibil terra;
E maledico il dì, ch'i' vidi 'l sole;

Che mi fa in vista un uom nudrito in selva.

Non credo, che pascesse mai per selva

Si aspra fera, o di notte, o di giorno;

Come costei, ch' i' piango all' ombra, e al sole:
E non mi stanca primo sonno, od alba;
Che bench' i' sia mortal corpo di terra,
Lo mio fermo desir vien dalle stelle.

Prima ch'i' torni a voi, lucenti stelle,
O tomi giù nell' amorosa selva
Lassando il corpo, che fia trita terra;
Vedess' io in lei pietà: ch' in un sol giorno
Può ristorar molt' anni, e 'nnanzi l'alba
Puommi arricchir dal tramontare del Sole.

Con lei foss' io da che si parte il Sole;
E non ci vedess' altri, che le stelle;
Sol una notte; e mai non fosse l'alba ;
E non si trasformasse in verde selva
Per uscirmi di braccia, come il giorno,
Che Apollo la seguia quaggiù per terra.

Ma io sarò sotterra in secca selva;

E 'l giorno andrà pien di minute stelle,
Prima ch'a si dolce alba arrivi il sole.

CANZONE I.

Perduta la libertà, servo di Amore, descrive,
e compiange il proprio stato.

Nel dolce tempo della prima etade,

Che nascer vide, ed ancor quasi in erba,
La fera voglia, che per mio mal crebbe;
Perchè, cantando, il duol si disacerba,
Canterò com' io vissi in libertade,

Mentre Amor nel mio albergo a sdegno s' ebbe :

Poi seguirò, sì come a lui ne 'ncrebbe
Troppo altamente, e che di ciò m'avvenne;
Di ch'io son fatto a molta gente esempio:
Benchè 'l mio duro scempio

Sia scritto altrove sì, che mille penne
Ne son già stanche; e quasi in ogni valle
Rimbombi 'l suon de' miei gravi sospiri,
Ch' acquistan fede alla penosa vita.
E se qui la memoria non m'aita,
Come suol fare, iscusinla i martiri,

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