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SONETTO CI.

Condotto a sperare, e temer sempre, non hà più
forza di vivere in tale stato.

Questa

uesta umil fera, un cor di tigre, o d'orsa,
Che'n vista umana, e 'n forma d'angel vene;
In riso e 'n pianto, fra paura e spene
Mi rota sì, ch'ogni mio stato inforsa.

Se'n breve non m'accoglie, o non mi smorsa,
Ma pur, come suol far, tra due mi tene;
Per quel, ch'io sento al cor gir fra le vene
Dolce veneno, Amor, mia vita è corsa.

Non può più la vertù fragile e stanca
Tante varietati omai soffrire:

Che'n un punto arde, agghiaccia, arrossa,e'mbianca.

Fuggendo spera i suoi dolor finire;

Come colei, che d'ora in ora manca:

Che ben può nulla, chi non può morire.

SONET TO CII.

Tenta di renderla pietosa coi sospiri, e riguardandola in volto, lo spera.

Ite, caldi sospiri, al freddo core:

Rompete il ghiaccio, che pietà contende;
E, se prego mortale al Ciel s'intende,
Morte, o mercè sia fine al mio dolore.

Ite, dolci pensier, parlando fore

Di quello, ove il bel guardo non s'estende:
Se pur sua asprezza, o mia stella n'offende,
Sarem fuor di speranza, e fuor d'errore.

Dir si può ben per voi, non forse appieno,
Che'l nostro stato è inquieto e fosco,
Siccome 'l suo pacifico e sereno.

Gite securi omai; ch' Amor ven vosco:
E ria fortuna può ben venir meno;
S'ai segni del mio Sol l'aere conosco.

SONETTO CIII.

Laura sì bella sa infondere pensieri onesti ?
dunque la sua bellezza è somma.

Le stelle, e 'l cielo, e gli elementi a prova

Tutte lor arti, ed ogni estrema cura
Poser nel vivo lume, in cui Natura

Si specchia, e'l Sol, ch'altrove par non trova.

L'opra è sì altera, sì leggiadra, e nova,
Che mortal guardo in lei non s'assicura;
Tanta negli occhi bei for di misura
Par, ch'Amor e dolcezza e grazia piova.

L'aere percosso da' lor dolci rai

S'infiamma d'onestate; e tal diventa,
Che 'l dir nostro, e 'l pensier vince d'assai.

Basso desir non è ch'ivi si senta;

Ma d'onor, di virtute. Or quando mai
Fu per somma beltà vil voglia spenta?

SONETTO CIV.

De' forti effetti, che in lui produsse la vista di Laura commossa al pianto.

Non fur mai Giove, e Cesare si mossi,

A fulminar colui, questo a ferire ;
Che pietà non avesse spente l' ire,

E lor dell' usat' arme ambeduo scossi.

Piangea Madonna; e 'l mio signor, ch'io fossi,
Volse, a vederla, e suoi lamenti a udire;
Per colmarmi di doglia e di desire,
E ricercarmi le midolle, e gli ossi.

Quel dolce pianto mi dipinse Amore,
Anzi scolpio; e quei detti soavi

Mi scrisse entr' un diamante in mezzo 'l core;

Ove con salde, ed ingegnose chiavi

Ancor torna sovente a trarne fore

Lagrime rare, e sospir lunghi e gravi.

SONETTO CV.

Il pianto di Laura fa invidia al Sole,
e rende attoniti gli elementi.

I' vidi in terra angelici costumi

E celesti bellezze al mondo sole,
Tal chè di rimembrar mi giova, e dole;

Che quant' io miro, par sogni, ombre, e fumi:

E vidi lagrimar que' duo bei lumi

C'han fatto mille volte invidia al Sole;
Ed udii sospirando dir parole,

Che farian gir i monti, e stare i fiumi.

Amor, senno, valor, pietate, e doglia
Facean piangendo un più dolce concento
D'ogni altro, che nel mondo udir si soglia :

Ed era 'l cielo all' armonia si 'ntento,
Che non si vedea in ramo mover foglia:
Tanta dolcezza avea pien l'aere, e 'l vento.

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