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CANZONE XII.

Lontano da Laura, si riconforta trovando la sua bella immagine da per tutto.

In quella parte, dov' Amor mi sprona,

Conven, ch'io volga le dogliose rime,
Che son seguaci della mente afflitta.
Quai fien ultime, lasso, e qua' fien prime?
Colui, che del mio mal meco ragiona,
Mi lascia in dubbio; sì confuso ditta.
Ma

pur quanto l'istoria trovo scritta
In mezzo 'l cor, che sì spesso rincorro,
Con la sua propria man, de' miei martiri,
Dirò; perchè i sospiri,

Parlando, han triegua, ed al dolor soccorro.

Dico, che, perch'io miri

Mille cose diverse attento e fiso,

Sol una donna veggio, e 'l suo bel viso.

Poi che la dispietata mia ventura
M'ha dilungato dal maggior mio bene,

Noiosa, inesorabile, e superba;

Amor col rimenabrar sol mi mantene:
Onde, s' io veggio in giovenil figura
Incominciarsi 'l mondo a vestir d'erba;
Parmi veder in quella etate acerba
La bella giovenetta, ch'ora è donna:
Poi che sormonta riscaldando il Sole;.
Parmi, qual esser sole

Fiamma d'Amor, che 'n cor alto s'indonna ;
Ma quando il dì si dole

Di lui, che passo passo a dietro torni, Veggio lei giunta a' suoi perfetti giorni. In ramo fronde, ovver viole in terra Mirando alla stagion, che 'l freddo perde, E le stelle migliori acquistan forza; Negli occhi ho pur le violette, e'l verde, Di ch' era nel principio di mia guerra Amor armato sì, ch'ancor mi sforza; E quella dolce leggiadretta scorza Che ricopria le pargolette membra, Dov'oggi alberga l'anima gentile, Ch'ogni altro piacer, vile

Sembrar mi fa; si forte mi rimembra

Del portamento umile,

Ch'allor fioriva, e poi crebbe anzi agli anni;

Cagion sola, e riposo de' mie' affanni.

Qualor tenera neve per li colli

Dal Sol percossa veggio di lontano,

Come 'l Sol neve, mi governa Amore,
Pensando nel bel viso più che umano,
Che può da lunge gli occhi miei far molli,
Ma da presso gli abbaglia; e vince il core,
Ove fra 'l bianco, e l'aureo colore

Sempre si mostra quel, che mai non vide
Occhio mortal, ch'io creda, altro che 'l mio;
E del caldo desio,

Ch'è quando, i' sospirando, ella sorride,
M'infiamma sì, che obblio

Niente apprezza, ma diventa eterno;

Nè state il cangia, nè lo spegne
il verno.
Non vidi mai dopo notturna pioggia
Gir per l'aere sereno stelle erranti,
E fiammeggiar fra la rugiada e 'l gelo,
Ch'i'non avessi i begli occhi davanti,
Ove la stanca mia vita s'appoggia,
Qual' io gli vidi all'ombra d' un bel velo:
E siccome di lor bellezze il cielo
Splendea quel dì, così baguati ancora
Li veggio sfavillar; ond'io sempr'ardo.
Se'l Sol levarsi sguardo,

Sento il lume apparir, che m'innamora :
Se tramontarsi al tardo,

Parmel veder, quando si volge altrove
Lassando tenebroso, onde si move.

Se mai candide rose con vermiglie

In vasel d'oro vider gli occhi miei,
Allor allor da vergine man colte;
Veder pensaro il viso di colei,
Ch'avanza tutte l'altre maraviglie,
Con tre belle eccellenzie in lui raccolte;
Le bionde trecce sopra 'l collo sciolte,
Ov' ogni latte perderia sua prova ;

E le guance, ch' adorna un dolce foco.
Ma pur che l'ora un poco

Fior bianchi, e gialli per le piagge mova ;
Torna alla mente il loco,

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E'l primo dì, ch'i' vidi a l'aura sparsi
I capei d'oro; ond' io sì subit' arsi.
Ad una ad una annoverar le stelle,
E 'n picciol vetro chiuder tutte l'acque
Forse credea; quando in sì poca carta
Novo pensier di ricontar mi nacque
In quante parti il fior dell' altre belle,
Stando in se stessa, ha la sua luce sparta;
Acciocchè mai da lei non mi diparta ;
Nè farò io e se pur talor fuggo,

In cielo, e 'n terra m'ha racchiusi i passi;
Perchè agli occhi miei lassi

Sempre è presente: ond' io tutto mi struggo;
E così meco stassi,

Ch'altra non veggio mai, nè veder bramo,

Nè'l nome d'altra ne' sospir miei chiamo.

Ben sai, canzon, che quant' io parlo, è nulla
Al celato amoroso mio pensero,

Che di e notte nella mente porto;
Solo per cui conforto

In così lunga guerra anco non pero:.
Che ben m'avria già morto

La lontananza del mio cor piangendo;
Ma quinci dalla morte indugio prendo.

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