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Alla speranza mia, al fin degli affanni.
O riposto mio bene; e quel, che segue;
Or pace, or guerra, or tregue,

Mai non m'abbandonate in questi panni .
De' passati miei danni piango, e rido;

Perchè molto mi fido in quel, ch'i' odo.
Del presente mi godo, e meglio aspetto;
E vo contando gli anni; e taccio, e grido;
E 'n bel ramo m'annido, ed in tal modo,
Ch'i' ne ringrazio e lodo il gran disdetto
Che l'indurato affetto al fine ha vinto,
E nell'alma dipinto: I' sare' udito,

E mostratone a dito; ed hanne estinto.
Tanto innanzi son pinto,

Ch'i' 'l pur dirò: Non fostu tanto ardito.
Chi m'ha 'l fianco ferito, e chi 'l risalda,
Per cui nel cor via più, che 'n carte scrivo;
Chi mi fa morto e vivo;

Chi 'n un punto m'agghiaccia, e mi riscalda.

MADRIGALE III.

Allegoricamente descrive le circostanze del suo dolce innamoramento.

N

ova angeletta sovra l'ale accorta
Scese dal Cielo in sulla fresca riva,
Là 'nd' io passa va
va sol per mio destino:
Poi chè senza compagna, e senza scorta
Mi vide; un laccio, che di seta ordiva,
Tese fra l'erba, oud'è verde 'l cammino:
Allor fui preso, e non mi spiacque poi;
Si dolce lume uscia degli occhi suoi.

SONETTO LXXI.

Ama, teme, e vorrebbe fuggire dagli occhi di Laura,

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Non veggio, ove scampar

mi possa omai;
Si lunga guerra i begli occhi mi fanno,
Ch'io temo, lasso, no 'l soverchio affanno
Distrugga 'l cor, che triegua non ha mai .

Fuggir vorrei ; ma gli amorosi rai,
Che dì e notte nella mente stanno,
Risplendon sì, ch' al quintodecim' anno
M'abbaglian più, che 'l primo giorno assai:

E l'immagini lor son sì cosparte,

Che volver non mi posso, ov' io non veggia,
O quella, o simil indi accesa luce.

Solo d'un lauro tal selva verdeggia;
Che 'l mio avversario con mirabil arte
Vago fra i rami, ovunque vuol, m'adduce.

Tom. I.

12

SONETTO LXXII.

Volgesi lieto a salutar quel terreno, dove Laura cortese lo salutò.

Avventuroso più d'altro terreno,

Ov' Amor vidi già fermar le piante,
Ver me volgendo quelle luci sante,
Che fanno intorno a se l'aere sereno:

Prima poria per tempo venir meno
Un'immagine salda di diamante;
Che l'atto dolce non mi stia davante,
Del qual ho la memoria, e 'l cor sì pieno:

Nè tante volte ti vedrò giammai,

Ch'i' non m'inchini a ricercar dell' orme,
Che 'l bel piè fece in quel cortese giro.

Ma se'n cor valoroso Amor non dorme;
Prega Sennuccio mio, quando 'l vedrai,
Di qualche lagrimetta, o d'un sospiro.

SONETTO LXXIII.

Se amor lo turba, si rasserena pensando
agli occhi, e alle parole di Laura .

A

Lasso, quante fiate Amor m’assale,

Che fra la notte e 'l dì son piú di mille,
Torno dov' arder vidi le faville,

Che 'l foco del mio cor fanno immortale.

Ivi m'acqueto e son condotto a tale,

Ch' a nona, a vespro, all'alba, ed alle squille
Le trovo nel pensier tanto tranquille,
Che di null' altro mi rimembra, o cale.

L'aura soave, che dal chiaro viso

Move col suon delle parole accorte,
Per far dolce sereno ovunque spira;

Quasi un spirto gentil di paradiso,

Sempre in quell'aere par, che mi conforte;
Sì che 'l cor lasso altrove non respira.

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