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IN VITA

DI MADONNA LAURA

SONETTO I

Chiede compassione del suo stato, e confessa, pentito, la vanità del suo amore.

Voi, ch'ascoltate in rime sparse il suono

Di quei sospiri, ond' io nudriva il core
In sul mio primo giovenile errore,
Quand'era in parte altr'uom da quel, ch'i' sono;

Del vario stile, in ch' io piango, e ragiono

Fra le vane speranze, e 'l van dolore;

Ove sia chi

per prova

intenda amore,

Spero trovar pietà, non che perdono.

Ma ben veggi' or, sì come al popol tutto
Favola fui gran tempo: onde sovente
Di me medesmo meco mi vergogno:

E del mio vaneggiar vergogna è'l frutto,
E'l pentirsi, e 'l conoscer chiaramente,
Che quanto piace al mondo è breve sogno.

SONETTO II.

Forte contro tante insidie di amore, non potè difendersi da quest'ultima.

Per far una leggiadra sua vendetta,

E punir in un dì ben mille offese,
Celatamente Amor l'arco riprese,
Com'uom, ch'a nocer, luogo e tempo aspetta.

Era la mia virtute al cor ristretta,

Per far ivi, e negli occhi sue difese:
Quando 'l colpo mortal là giù discese
Ove solea spuntarsi ogni saetta .

Però turbata nel primiero assalto

Non ebbe tanto nè vigor, nè spazio,
Che potesse al bisogno prender l'arme ;

Ovvero al poggio faticoso ed alto

Ritrarmi accortamente dallo strazio;

Del qual oggi vorrebbe, e non può aitarme.

SONETTO III.

Giudica amor vile, che lo ferì in un giorno da non doverne sospettare.

Era'l giorno, ch'al sol si scoloraro

Per la pietà del suo Fattore i rai :
Quand' ï' fui preso, e non me ne guardai,
Che i be' vostr' occhi, Donna, mi legaro.

Tempo non mi

parea da far riparo

Contra colpi d'Amor: però n' andai
Secur, senza sospetto: onde i miei guaì
Nel comune dolor s'incominciaro.

Trovommi Amor del tutto disarmato,
Ed aperta la via per gli occhi al core;
Che di lagrime.son fatti uscio e varco.

Però, al mio parer, non gli fu onore
Ferir me di saetta in quello stato,
Ed a voi armata non mostrar pur

l'arco.

SONETTO IV.

Innamorato di Laura, trae argomento di lodarla dal luogo stesso, dov' ella nacque .

Quel, ch'infinita provvidenza, ed arte

Mostrò nel suo mirabil magistero:
Che criò questo, e quell' altro emispero,
E mansueto più Giove, che Marte;

Venendo in terra a illuminar le carte,
Ch'avean molt' anni già celato il vero,
Tolse Giovanni dalla rete, e Piero,
regno del Ciel fece lor parte.

E nel

Di se, nascendo, a Roma non fe grazia,
A Giudea si: tanto sovr'ogni stato
Umilitate esaltar sempre gli piacque:

Ed or di picciol borgo un Sol n'ha dato
Tal, che natura, e 'l luogo si ringrazia,
Onde sì bella Donna al mondo nacque .

SONETTO V.

Col nome stesso di Laura va ingegnosamente formando l' elogio di lei.

Quand

uand' io movo i sospiri a chiamar voi, E'l nome, che nel cor mi scrisse Amore, LAUdando s'incomincia udir di fore Il suon de' primi dolci accenti suoi.

Vostro stato REal, che 'ncontro poi,
Raddoppia all'alta impresa il mio valore:
Ma, TAci, grida il fin: che farle onore
È d'altri omeri soma, che da' tuoi.

Così LAUdare, e REverire insegna

La voce stessa, pur ch' altri vi chiami,
O d'ogni reverenza, e d'onor degna:

Se non che forse Apollo si disdegna,
Ch' a parlar de' suoi sempre verdi rami
Lingua mortal presuntuosa vegna.

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