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BIBLIOGRAFIA STRANIERA.

LIVES

INGHILTERRA.

IVES of Topographers etc., ossia Vite dei Topografi ed Antiquari che hanno scritto sulle antichità dell' Inghilterra, con ventisei ritratti degli autori, ed un catalogo delle opere loro relative alla topografia del regno, di J. P. MALCOLM. Londra, 1816, un volume in 4.o, presso Bickerstaff.

Contiene questo libro, oltre le vite e i ritratti degl' illustri Inglesi antiquari, il copioso catalogo de' monumenti da essi dati in intaglio, ciò che riesce piacevole ai leggitori, e vantaggioso ai coltivatori dell' arte. Sarebbe desiderabile che l'Italia, la quale fu la prima per le cure del Giovio a rinverdire l'antichissima costumanza di raccogliere le immagini degli uomini più celebri, e che abbondò sempre di simili collezioni, non mancasse di una eguale a cotesta; posciachè se v' ha scienza in cui gl' Italiani si siano distinti, tal è l' antiquaria, per la quale senza vanto si possono dire maestri di tutti. Si sono adunate le immagini dei Papi, dei Cardinali, dei Vescovi, dei Ġenerali, dei Pittori, Scultori, Architetti; e perchè non vorremo anche quelle degli Antiquari? Se un perito colorisse sì bel disegno, non ha dubbio che molti godrebbero d'avere unite, e di potere nel proprio studio ammirare le vive im

magini dell'Agostini, Averani, Aleandro, Bacchini' Bandini, Bellori, Bianchini, Bottari, Buonaroti, Ciampini, Corsini, Doni, Donati, Egizio, Erizzo Fabretti, Foggini, Ignarra, Lanzi, Maffei, Manuzio, Marini, Martorelli, Morcelli, Mazzocchi, Muratori, Nardini, Noris, Oderici, Olivieri, Orsini, Paciaudi Panvinio, Passeri, Poleni, Rosini, Sanclementi, Sestini, Sigonio, Torremuzza, Venuti, Vico, Enea, Visconti, Zaccaria, uomini tutti celebratissimi, ai quali potrebbonsi al caso aggiugnere pareccchi altri di non minor merito e fama? E le notizie più utili di ciò che debba la scienza al loro studio infinito non sarebbero anch' esse gradite?

FRANCIA.

Il Camillo o Vejo conquistata

G. L.

Vejo conquistata, di Carlo BOTTA. Parigi, 1815, presso l'autore e Rey e Gravier librai, in 12.o di pag. 555 e una tavola in rame.

Questo poema epico per ciò che riguarda lo stile fa buona testimonianza che la famiglia degli egregi scrittori non è venuta meno in Italia, dove ha tuttavia chi sa e sente italianamente e tiensi egualmente lontano dalla servitù dei pedanti e dalla intemperante libertà de' moderni. Maravigliatosi l'autore che i poeti epici italiani, in ciò dissomiglianti dai poeti epici greci, latini e francesi, abbiano scelto per argomento dei loro poemi eroi ed imprese straniere, ha voluto trattare un soggetto appartenente tutto all' Italia. E rassegnando le storie scelse il conquisto di Vejo fattosi da' Romani condotti da F. Camillo, per la quale conquista e distruzione vinti e dispersi gli Etruschi, poBibl. Ital. T. III. 34

polo, che solo allor tenea fronte ai Romani, passò tra questi finalmente il dominio e la suprema potestà nelle cose d'Italia. La narrazione è scompartita in dodici canti, scritti in verso sciolto, a differenza de' primarj Epici italiani che scelsero l'ottava. E può dirsi uno de' primi che con facilità abbia ardito por mano a un poema narrativo con verso senza rima. L'unità dell' azione la grandezza dell' interesse, la varietà e felicità de' trapassi maestrevolmente dedotti dalla favola, la maraviglia per fine, sono pregi che agevolmente si scoprono nell' anzidetto poema, la cui lettura non può non essere gradevolissima agli Italiani, cui risveglia tante idee dell'antichissima lor possanza e grandezza.

Description des Tombeaux ec., ossia Descrizione dei sepolcri, bassirilievi, armi, vasi dipinti e monumenti scoperti a Canosa nel 1813, di A. L. MILLIN cavaliere ec. Parigi, 1816, un volume in magnifica forma atlantica di 24 fogli di stampa e quattordici tavole in rame. Presso Wassermann e in Milano trovasi vendibile da Carlo Brizzolara, librajo, al prezzo di lire 100 italiane.

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Al solo annunzio di questo libro ci risovviene la strepitosa battaglia di Canne, dopo la quale si ripararono i percossi Romani a Canosa. I Canusini bilingues, perchè parlavano latino è greco, accennati da Orazio, le celebratissime Canusince lance ricordate da Plinio sono anch'esse rimembranze carissime di questa or piccola città della provincia di Bari nel reame di Napoli, l'antica ampiezza e magnificenza della quale appare

su

manifesta dalle vetuste rovine del suo perbo acquedotto, le cui acque si derivavano venti miglia lontano; dal suo anfiteatro misurato già dal Denon, e soprattutto dalla celebre tavola Riccardiana, unica nel suo genere, la quale coll' albo Canusino Decurionale dimostrò come dai Duumviri si pubblicassero i Decurioni nei municipj e nelle colonie. Ma a queste venerande reliquie voglionsi aggiugnere diverse iscri zioni, e i molti vasi dipinti in que' contorni scoperti che son la ricchezza degli Antiquarj e l' ornamento dei palagi dei Re; e sopra tutto i bellissimi monumenti sopr' annunziati, spiegati sagacemente, e con magnificenza delineati dall'indefesso archeologo parigino. Non più che mezzo miglio fuor di città v' ha un monticello che la pietà de' Canosini nell' età più remotę destinò all' uso di pubblico sopolcreto. Diversamente di ciò che vedesi a Polignano, a Pesto ed altrove, le tombe sono quivi scavate nell'istessa collina, tal che percuotendo a forza il terreno col piede que' praticissimi cavatori sanno indicare ove siano le tombe che scoprono sgombrando la terra a' soli otto piedi di profondità. Il Millin ne fece ne fece la prova il 1812, comechè in quattro di esse non rinvenisse cos' alcuna meritevole di ricordanza. Più fortunato fu il sig. Savino Monteriso d'Alessio proprietario di un piccolo poco distante podere; posciachè il 16 settembre 1813, facendo scavare per costruirvi una cantina, gli apparve all'aprico una camera bellissima sepolcrale di regolare architettura, tutt'ora intatta, con entrovi un uomo armato sepolto e vari oggetti preziosi. Giaceva il guerriero sdraiato come in un letto e posava

con

H capo sur un origliere che in forma di parallepipedo erasi lasciato nel tufo istesso, avervi scolpiti a basso rilievo un ippocampo e una volpe. Da ambedue le parti del capo v'eran pure due altri zoccoli scolpiti anch'essi a basso rilievo, su quali era espresso un cane e un cinghiale. Nella parete di contro ai piedi una volpe e un cinghiale di nuovo. Con tai geroglifici indicavan gli antichi la costante credenza del felice passaggio dell' anime valorose, attive, sagaci, oltre l'atlantico allo eterno riposo. La fragile spoglia di quel sepolto cadde in minutissima polvere al contatto dell' aria, ma si vide che armato fu già di corazza

con elmo in testa e un altr' elmo da un lato, si vide che armata aveva di cnemide la gamba sinistra, cosa notabile per avventura, poichè conferma ciò che Livio dei Sanniti racconta, i quali portavano appunto un sol gamberuolo alla sinistra, o perchè collo scudo si difendessero la destra, o perchè guerreggiando mettessero innanzi il sinistro piede, ed esponesser il sinistro lato ritirando il destro. Comeche sia, anche i gladiatori Sanniti si vedono con questa cnemide in due belle lucerne dateci dal Bellori, e si vede altresì così armato il Gladiatore sannita Batone, che fu celebre sotto Caracalla, ed a cui quest' augusto fece fare sontuosi funerali. V' era in oltre una cintura di metallo pei lombi, un frontale di cavallo cesellato e dorato, e sopra tutto v'erano diversi vasi dipinti istoriati d' incomparabil bellezza, che ricuperati immediatamente da chi presiede agli scavi per tutto il Regno, passarono coll' armatura anzidetta nel museo reale di Napoli. A descrivere minutamente, e a spiegare le figure

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