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«siavi per consiglio sempre, ed avrete da lui buoni << partiti in ogni cosa. Ser Jacopo da Savana per notajo intelligente, presto, ed amico. Guarniero « de' Guarnieri, giovane ragioniero alla camera, «sia buono da operar conti, e ragioni di libri. Il prete di s. Stefano, il prete di s. Mar« tino, Fra Stefano degli Angeli per consolazione, « per consiglio, e per buoni amici ad intromettersi «< in ogni opera di carità. Un libretto d'istoria « d'Oltremare che ha una catena è della libreria « di s. Giorgio maggiore di Venezia: e voglio siale « rimandato. Due libretti in carta pecorina di cro« nache ferraresi sono di Vincenzo di Cardi da « Ferrara, e gli siano restituiti. Un libretto co« verto di rossa in carta bambacina di brutta leta tera è di cronache ferraresi da rendersi a « M. Lodovico dai Carri medico. Un libro di carta « bambacina in lingua catalana di poche carte è « di cronache della casa d'Arragona. Voglio sia « reso al conte Alberigo Boschetto da Modana. << Tutte le mie opere latine e vulgari che non sieno finite ed emendate prego bruciate tutte. Li mici «libri poi d' epigrammi, i disegni antichi, e così que' miei scartafacci collettanei vagliono assai a «< chi li conosce, Priegovi li dispensiate bene (a). « E priego con tutto'l cuore voi, Piergiorgio, e « Ser Alessandro, che questa mia disposizione vi « sia raccomandata, e Mad. Lauretta, e li miei « poveri figli. — E a te, M. Annibale figliuol mio

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(a) Delle opere postume il figlio Alessandro pubblicò il Libellus de Vipera Ven. 1506. Eid. Jun. —L Educazione degli antichi ec. Ven. pel Sabini 1543. Il Com pendio della St. di Napoli. Ven. 1539, ec, =

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« diletto e benedetto, perchè se' sacerdote, e puoi « aver modo da vivere per te stesso, che prima « l'anima mia sia raccomandata: poi tutti questi « tuoi fratelli legittimi e non legittimi ajutali a far bene, e bene vivere, perchè sono tua carne: « ed io ho fede nella età e prudenza, e discre«zione tua. A Dio vi raccomando tutti. — Scritta << in loco e tempo di tribulazione e d'angustia: a dì 11 luglio 1504, regnante papa Giulio II. - Io Pandolfo del q. M. Matteo da Coldonese (a) da « Pesaro, dottore e cav., di mia propria mano

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« scrissi ».

Scritte queste cose, il Collenuccio morì in quella carcere strangolato: serbando sempre quella sua costanza, la quale parmi molto vicina a' costumi d'Atene e di Roma, ed agli esempi di Socrate e di quanti imitarono quel divino. Chè senza dubbio il suo nome sarebbe celebrato al pari di que' nomi chiarissimi, se in cambio di Pesaro egli avesse avuto per patria Atene e Roma. Laonde noi abbiamo voluto emendare in parte il difetto della fortuna, e mantenere memoria di questi ultimi suoi scritti ›

(a) Per questa autentica socrizione di Pandolfo resta apertissimo che il Collenuccio ed il Coldonese sono un solo autore; e che per errore furono creduti due nell' ultime edizioni del Tiraboschi (St. Lett. T. 6. p. 2), Fu egli chiamato Coldonese è Coldenose, perchè i suoi venivano da Coldinoce, Castello posto tra Sassoferrato e Roccacontrada; e in quello di Collenuccio egli tramutò il primo nome, come più dolce e confacente all'orecchio italiano, e come di latina terminazione: il quale fu vezzo de' letterati di quella età, e sparso per tutta Italia ad esempio dell' Accademia del Pontano in Napoli, e di quella di Pomponio Leto in Roma.

sì perchè non manchi l'onore dovuto a quel nobilissimo spirito; sì perchè i principi magnanimi e giusti della età nostrą sieno meglio venerati da chi consideri che vigliacchi e rei signori già regnavano per Italia. Che se la colpa dello Sforza fu fortunata, nè la vendetta della giustizia lo colse in vita, giusto è l'opprimerlo almeno coll' obbrobrio nella ricordanza de' posteri; maniera di giustizia inesorabile, che il cielo ha commessa al tempo ed agli scrittori, dalla quale non può l'uomo sottrarsi nè per frode, nè per potenza.

SUI QUATTRO CAVALLI DI VENEZIA,
(Vedi la pag. 227 di questo terzo Volume)

FEDELI

EDELI all'impegno da noi preso, ci affrettiamo a dare in questo fascicolo la tavola in rame rappresentante la testa di uno dei Veneti cavalli, tanto dottamente illustrati dal sig. Mustoxidi, che solo restava a desiderarsi una figura migliore, o eseguita almeno su d'una scala più grande, annessa a quel prezioso li bretto.

Noi non esponiamo nella tavola nostra, se non la testa di uno dei detti cavalli; ma questa testa è tratta rigorosamente dal vero, ed è stata con moltissima diligenza disegnata da un gesso, che il professore di scultura in Torino, sig. Comolli, fu sollecito di procurarsi in Parigi poco dopo che que' celebri cavalli erano colà giunti da Venezia.

Le teste e l'atteggiamento delle gambe, ossia la mossa di que' cavalli, sono per sentimento di tutti gli artisti ciò che v' ha di più degno d'osservazione e di stima in que' cavalli. La bellezza delle mosse può rilevarsi anche dal rame unito alla lettera del dotto Corcirese. Nel nostro si vedrà tutto il fuoco, il brio, il sentimento, lo spirito, l'ardimento della testa, quello in somma, per cui que' cavalli meritarono i più grandi elogi fino al tempo del Pee per ciò da quel sommo ingegno fu

trarca,

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