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ruentes, ciò che Niceta propriamente non dice: alla pag. 21 ha corretto l'errore di Ducange, che ha malamente confusi i cancelli coi plutei, e nella seguente ha opportunamente accennato, quanta luce derivar si possa dagli annali del greco impero a giovamento ed illustrazione di molti fatti de' Veneziani: alla pag. 25 ha emendato una lezione di Plinio, sostituendo Atenide ad Antermo sull' autorità di Svida, di Eudocia, e del chiosatore di Aristofane: nella 26 ha ripreso il Giunio, che due artefici diversi e distinti fece di un solo Glauco; sebbene noi dubitiamo a vicenda, che il signor Mustoxidi abbia troppo facilmente seguito l'intepretazione d'Erodoto di Larcher, facendo quel Glauco inventore dell' arte del damaschinare, su di che torneremo forse di bel nuovo, allorchè un celebre letterato Italiano avrà esposto le sue congetture su quel passo d' Erodoto: alla pag. 27 con buone ragioni scrive Ecatodora invece di Ipatodoro, come si legge in Pausania; ed alla pag. 41 commenda ed appoggia la lezione della lettera del Petrarca in proposito de' veneti cavalli: pene vivis adhinnientes, restituita dal dottissimo Morelli, in vece della antica corrotta, ed inintelligibile: pene vivis adimentes. Noi punto non dubitiamo che se al commercio librario potesse per avventura convenire il metter mano alla collezione da noi progettata sul principio di quest' articolo, l'opuscolo del sig. Mustoxidi non potrebbe a meno di non primeggiare tra quelli dei recenti illustratori di quel ragguardevolissimo monumento, ora ridonato alla gloria veneta ed all' ornaall'ornamento della Basilica di S. Marco.

L. B.

Le inconvenienze teatrali, commedia dell' avvocato

Antonio SOGRAFI.

toni, 1816.

L'opera

Padova, tipografia Bet

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opera in musica è divenuta oggidì per gl'Ita liani il principalissimo de' pubblici divertimenti, e quasi diremmo un bisogno, giudicando dai lamenti generali che si fanno ogni dove e qualunque volta si manca di essa. Quindi gli stessi governi la proteggono colla loro munificenza sicuri di trovare un compenso nell' incoraggiamento e nella prosperità di tutte le arti che gareggiano in formare ed abbellire questo magico spettacolo, nella sussistenza di tante persone che vi lavorano intorno, nel concorso de' forestieri, e nella circolazione del denaro. Mentre però dall' una parte vediamo l'opera in musica così fortemente appetita dal pubblico, così premurosamente assistita da tutto il coro dell' arti, così splendidamente favoreggiata dai governi, è ben doloroso il veder poi dall' altra le più strane inconvenienze sdrucciolarvi ad ogni poco in mezzo, ed impedirle di giugnere a quella perfezione, cui dovrebbe aspirare, e che certo essa potrebbe conseguire. Ma queste inconvenienze da chi mai dipendono? I più ne danno carico al poeta, supponendo ch' egli sia l'inventore e il regolatore di questa gran macchina, com' esser dovrebbe di fatto: ma non succede così. Il poeta serve; il maestro di cappella e i cantanti comandano. E chi sono mai

il

questi cantanti? Gente, per lo più, tolta all'ago od al rasojo; ignoranti per non aver ricevuta alcuna educazione; superbi per l'oro guadagnato non già coll' ingegno, ma col trillo brillo, e 'l dimenar di gola (a). Or pensa tu se alcuna cosa di buono si abbia a sperar mai da cotali dominatori! Tuttavia se il maestro di cappella fosse sufficientemente erudito nelle belle lettere, e soprattutto familiare co' precetti dell'arte drammatica, egli potrebbe mettere un freno agli sregolati capricci de' cantanti, e d'accordo col poeta governare l'opera in musica con tanta saviezza, che lódar se ne dovessero le muse, e compiacersene gl'intendenti di cosiffatta materia. Ma sgraziatamente i maestri di cappella, se pochi ne eccettui, fuor della nuda scienza de' suoni non posseggono altra cognizione; e in vece di chiamare all' obbedienza i cantanti, si uniscono loro a lacerare la poesia, difformarla, avvilirla, calpestarla. II poeta presenta il suo dramma al maestro di cappella voi crederete ch' egli si applichi tosto a riconoscere i caratteri, a meditar le passioni, a considerare l'intreccio e lo sviluppo, ad esaminare lo stile ed il verso. Nulla di tutto questo. La prima cosa, egli conta i pezzi da cantarsi ; e se questi sono in maggiore od in minor numero di quello ch' egli si ha prefisso in mente, grida grida ad alta voce: impossibile ch' io metta sulle note questo libretto; voi mi volete rovinare; voi... Non v' adirate, risponde il poeta; dite quanti pezzi volete e

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(a) Buonar. Tancia.

farò di contentarvi; ma compiacetevi in prima di leggere il mio componimento.

ין

Mio caro,

non ho tempo da perdere, soggiugne subito il maestro con aria sprezzante; m'immagino che ci saranno travestimenti, ratti, sorprese, battaglie, naufragi, montagne, caverne, tuoni, fulmini, artiglierie... Qualche cosa sì; ma non tutto: tante cose in un solo dramma sarebbero incompatibili con quella semplicità ch'è il primo fondamento dell'economia drammatica. Che semplicità! che economia drammatica! Mi diventate voi pazzo? Io voglio degli avvenimenti strani, romanzeschi; voglio del fracasso; voglio che una scena non abbia che fare coll' altra; che dal giorno si passi alla notte, c dalla notte al giorno; che dalla cima dell' Olimpo si scenda nelle viscere dell'Averno; voglio in somma della novità. La novità, quando non si discosti dal verisimile e dalle regole dell' arte, apprezzo anch' io estremamente, e la ricerco con ogni studio, sebbene, dopo tante e tante migliaja di componimenti drammatici d'ogni generazione, si debba mettere in conto di miracolo il ritro varla; ma innanzi a tutto io credo che debba andare il buon senso. Buon senso ne' melodrammi! Buon senso! Oh bestemmia! E voi con questi principj vi date a scrivere pel teatro? Andate, andate; quanto vi compiango! avete errata la via. Eppure il gran Metastasio... Il gran Metastasio se ne giace la tra i morti, derelitto e dimenticato ; e se qualche volta NOI lo risuscitiamo, per non aver nulla di men cattivo in pronto, sapete voi che cosa facciamo allora? Stravolgiamo dal capo al piede i suoi drammi, gl' impinguiamo di bizzarri episodj, ne mozziamo tutti i recitativi,

-

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aggiustiamo i suoi versi... Basta così, basta così! interrompe i poeta, il quale comincia a perdere la pazienza (noi l'avremmo perduta assai prima); ad ogni modo vorreste voi avere la bontà di dare un'occhiata a' miei versi?

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O buoni, o cattivi ch' ei sieno, per me è tutt'uno; anzi quanto più sono cattivi, tanto più fanno al mio bisogno, perchè i versi cattivi non possono che guadagnare a farvi de' cambiamenti; ed io voglio che il poeta cambi i suoi versi infino a tanto ch' essi riscontrinsi colla musica che porto meco: del resto abbiate per regola generale che il pregio del verso drammatico consiste nella novità de' metri... Novità di metro! che dite mai? I metri noi gli abbiamo, e fuori di essi non consente l'orecchio che si possa uscire. - Voi non sapete neppur gli elementi del vostro mestiere; io sarei spacciato se mi calassi a musicare il vostro libretto. Santi Numi, a che mani era io mai capitato! -- I} Il poeta non sa più frenare la sua bile, straccia i suoi versi sul viso al maestro di cappella, e se ne parte, giurando pel tripode d'Apollo di non iscrivere mai più pel teatro. Ma non prima è quegli uscito, che tutto lieto si presenta al signor Gennariello il verseggiatore mercenario, arrendevole, non curante della propria riputazione, il quale forse era stato fino allora al pertugio dell' uscio ad aspettar l'esito di così lepida scena; l'uno si getta subito nelle braccia dell' altro; in un istante l'ignoranza o la viltà di questo s' acconcia all'ignoranza ed alle pretensioni di quello; ed ecco in termine di poche settimane partorito il gran mostro, cui si dà nome di melodramma, tutto pieno di ciò che il maestro di

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