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PARTE II.

SCIENZE LETTERE ED ARTI ITALIANE.

ESTRATTO DELLE OPERE PERIODICHE.

Continuazione e fine del Giornale di fisica, chimica, storia naturale, medicina ed arti, ec. - Pavia, 1816, in 4.° Secondo bimestre. (Vedi il T. II. pag. 436 di questo Giornale).

SULLA

ULLA ghiacciaia della Franca Contea, che il sig. Prevost descrive, e la di cui temperatura seinbra opporsi alla conservazione del ghiaccio, osserva l'autore giudiziosamente che, sebbene il freddo prodotto dalla mescolanza di un sale coll' acqua non sia snfficiente per sè stesso a produrre un grado di freddo per l'immediata congelazione dell' acqua, tuttavia se all' acqua

raffreddata da questa meschianza frigorifica altro sale si aggiunga della medesima natura, raffreddato anch' esso, e così si ripeta più volte l'esperienza, in quattro o cinque volte si arriverebbe ad abbassare la temperatura da 20 gradi di calore fino al punto della congelazione, ed anche più oltre, e che la grotta può essere separata in diversi compartimenti e prodursi quindi una continua circolazione d'aria, cagionata dallo sbilancio delle diverse temperature, per cui anche l'acqua posta nella caverna aperta ed

accessibile incontrando una fredda perenne corrente d'aria non satura di umidità, trovi per mezzo della evaporazione quel grado, anche quella frazione di grado sufficiente, perchè riacquisti lo stato di ghiaccio. Ciò conferma anche con esempj, tratti da osservazioni fatte in luoghi a noi più vicini. In altro scritto avea già dimostrato l'autore come in tempo nebbioso non geli mai, se non quando il termometro sia disceso a zero, mentre in tempo sereno gela a 3 o 4 gradi al disopra, e ne avea attribuito la cagione all'evaporazione del suolo, che non ha luogo se non in questo secondo caso. Egli avea pure spiegato allora il fenomeno della congelazione instantanea prodotta dalla macchina idraulica di Schemnitz, ed il sig. Davy ha ora confermata quella sua spiegazione; ma egli non conviene con Davy in una proposizione relativa alla evaporazione propria delle foglie, cioè che se si levano queste ad un albero in primavera, l'albero muoia infallibilmente; il che, se vero fosse, noi non avremmo più seta ne'nostri paesi.

e

Sulla asserzione di Prevost, che l'acqua tanto allo stato di ghiaccio quanto allo stato liquido trasmetta il calore come il vetro, l'autore soggiunge alcune osservazioni sui fenomeni che avvengono talvolta nelle ghiacciaie comuni; riflette che la proprietà de' corpi opachi di ritenere tanto la luce diretta o riflessa, quanto il calore comunicato o radiante, spiega più facilmente ciò che si attribuiva ad un calore proprio di diverse sostanze, e specialmente dei vegetabili durante la fredda stagione.

Pieno poi di zelo per la gloria dell'Italia,

conchiude col ricordare che l'osservazione del freddo prodotto dalla evaporazione era già stata fatta dai due celebri italiani Redi e Cestoni, assai prima che non da Franklin e da Cullen, come la proprietà delle terse superficie metalliche di ritardare il riscaldamento di un corpo, già prima di Rumford e di Leslie, era stata osservata da De Luc.

Nella Memoria che viene in seguito, il cavaliere Marsilio Landriani, illustre fisico, nostro concittadino, che da non molto tempo è mancato ai vivi, rende conto di una sorgente esistente nelle vicinanze del villaggio di Feslau, non molto lontano dalla città di Baaden nell' Austria, dalla quale scaturisce una grande quantità di gas azoto.

Recatosi egli col sig. conte di Saurau a visitare le vicinanze di quel villaggio, osservò che da una sorgente che scaturiva al piede di una collina, si alzava una copiosa e perenne quantità di bolle d'aria, senza che l'acqua di quel fonte avesse alcun sapore, nè l' aria ambiente fosse impregnata di odore sulfureo. Altro non riconobbe in quella occasione, se non che il fondo era un ammasso di frammenti della breccia calcare componente quella collina, e che l'acqua non avea alcun sapore; dal che conchiuse che quelle bolle non poteano essere nè gas acido carbonico, nè gas idrogene sulfurato, nè gas idrogene carburato. Avendo visitato di nuovo

quella sorgente, si fece sollecito di raccogliere quel gas, e sottoposto questo alle prove chimiche, trovò che quello, mentre non presentava alcun dei fenomeni particolari de' gas sopra indicati, era irrespirabile e non sosteneva la combustione de' corpi accesi; che era adunque

gas azoto.

Si fece anche ad indagare donde venir potesse una sì grande e perenne copia di questo gas, e ne trovò il principio nelle materie sulfuree d'ogni genere, che quella collina contiene, come lo prova il gas idrogene sulfurato che forma le vicine acque termali; potendo quelle materie facilmente scomporre l'aria atmosferica che per le screpolature frequenti di quella collina si infiltra nella cavità della medesima ove si trovano accumulate le sostanze suddette, e per tal modo fornire una quantità immensa di gas azoto, il che egli conferma altresì con qualche esempio. Passa quindi a supporre che ne' prodotti aeriformi delle acque termali si trovi dell' azoto, sfuggito in quelle di Baaden alla osservazione di chi le avea da prima analizzate.

Fine delle ricerche sull' acido prussico, del sig. Gay-Lussac. Secondo estratto. Noi abbiamo già fatto cenno di questa Memoria nel render conto de' lavori dello scorso anno dell' Istituto di Francia..

Memoria II sulla dottrina dell' attrazione capiltare del sig. Laplace. Questa è la continuazione del bellissimo lavoro del sig. cavaliere professore Brunacci, da noi già annunziato nel num. III di questa Biblioteca. Avendo quel celebre matematico fatto nella prima Memoria il confronto del metodo di Laplace con quello del Pessuti per la dimostrazione geometrica delle leggi dell' attrazione capillare e dei fenomeni che ne derivano, ed avendo mostrato che quei metodi differentissimi, dipendenti l'uno da!l'analisi algebraica più sublime, l'altro dalla

semplice geometria, danno lo stesso grado di geometrico rigore alle dimostrazioni, del che si è anche spiegata la ragione; in questa seconda intraprende di investigare se poi veramente quelle leggi siano dimostrate da que' geometri, e se i fatti, dipendenti dalle attrazioni delle particelle materiali a piccolissime distanze tra loro, possano dirsi così collegati insieme da formare un sistema dimostrato geometricamente, come per esempio lo sono quei che compongono il sistema dell' universo,

Non essendo questo scritto suscettibile di analisi, diremo solo che dopo di avere esposto il punto, al quale Clairaut condusse la dimostrazione matematica del fondamentale teorema dei tubi capilari << dell' esser cioè le altezze delle colonnette capillari innalzate in ragione inversa dei diametri dei rispettivi tubi » l'autore esamina il modo col quale Laplace crede di poter dimostrare rigorosamente quel primo teorema, anco incognita essendo la funzione della distanza rappresentante l'attrazione; e ne trova tutto il calcolo diretto a dimostrare il teorema, che l'azione del menisco è reciproca al raggio, nella quale azione solo Laplace fa consistere la forza che tiene elevata la colonnetta capillare. All'autore non sembra che il calcolo di quel geometra dimostri rigorosamente quella misura dell' azione del menisco, anzi gli sembra piuttosto che non lasci l'animo persuaso e convinto, come si ha diritto di esigere dalle dimostrazioni matematiche. Egli è d'avviso che quel primo teorema di Laplace, il quale dichiara che l'attrazione del menisca è in ragione inversa del raggio non sia dimostrato e che dai Bibl. Ital. T. III.

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